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martedì 16 giugno 2015

Fotografare ai concerti live, una fotografia fatta di tecnica e cuore – parte 2

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di Gabriele Bientinesi

Presentiamo ai lettori di Fotobiettivo una serie di articoli dedicati alla fotografia di concerti. Gabriele Bientinesi, responsabile per la comunicazione e la fotografia al Festival Musicastrada e fondatore della scuola Fotografando, accomunando la sua passione tanto per la musica che per la fotografia, ci apre al mondo della fotografia live con un taglio didatticamente rigoroso e al contempo coinvolgente…

…continua da : Fotografare ai concerti – parte 1

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4 - Una finestra sul mondo.

Il sensore d’immagine, c’è poco da fare, è come una finestra: più grande è, più luce entra...

Ce ne rendiamo immediatamente conto quando guardiamo uno scatto fatto con una reflex o una mirrorless di ultima generazione rispetto alla stessa scena ripresa da una compatta o da uno smartphone. Finché c’è luce, quando c’è il sole, tant’è, spesso anche l’iphone fa miracoli, ma al buio...

Al buio è un’altra storia, c’è poco da fare. La differenza di dimensione del sensore si fa vedere, e tanto. La capacità di intrappolare la luce in ogni dettaglio diventa incredibilmente superiore e regala risultati eccezionali anche in condizioni davvero difficili.

Sulla differenza che c’è invece tra un sensore Full-Frame e un DX (o APS-C), magari vale la pena di spendere qualche parola.

Se dicessi che il sensore FF non è superiore sarei bugiardo. D’altronde se dicessi che il formato DX ha solo svantaggi sarei bugiardo allo stesso modo.

Ogni sistema ottico ha i suoi pro e i suoi contro. Al buio la differenza si vede, inutile negarlo, con il FF si lavora meglio, già a 1600 ISO la differenza è notevole. Il rumore è minore e più gestibile, i dettagli e la definizione sono superiori, la gamma dinamica più ampia. A sensibilità superiori lo scarto diventa ancora più netto.

Ma siamo sicuri di avere veramente sempre bisogno di sensibilità così elevate e di tanta definizione da poter stampare un’intera parete? Secondo me no.

Si possono ottenere risultati eccellenti e professionali anche con un sensore DX, a patto di essere consapevoli delle sue possibilità e dei suoi limiti. Senza contare naturalmente l’aspetto economico, che da solo basta e avanza come discriminante per tanti...

Il FF è superiore sotto tutti i punti di vista. È più preciso, più definito, e restituisce una gamma dinamica più ampia. Il DX è meno definito e più sporco, ma più economico e più gestibile, e spesso offre prestazioni più elevate in termini di velocità di scatto e di reazione. In termini di acutanza potremmo assimilare il formato DX alla vecchia pellicola 35mm, il FF al medio formato 6x4,5 o 6x6.

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Il cosiddetto “fattore di moltiplicazione della focale” (1,5x su Nikon, Sony, Pentax e Fuji; 1,58x su Canon; 2x su Olympus e Panasonic) ha invece pro e contro allo stesso tempo. Allo stesso modo in cui ha bisogno di focali più corte per inquadrature grandangolari, così aiuta non poco a focali elevate, consentendo di risparmiare in termini di costo e di peso quando si necessita di lunghi teleobiettivi.

Per fotografare un concerto avremo sicuramente bisogno di utilizzare alte velocità ISO, e dettaglio e nitidezza non sono mai troppi... credo però di potervi garantire personalmente che otterrete risultati migliori con un sapiente uso di un sensore DX e una buona ottica, che con un Full Frame usato approssimativamente abbinato magari a un obiettivo non proprio eccezionale.

Giusto per parlare di prestazioni... a lezione, a un corso di livello avanzato, mi trovai in mezzo a un’accorata discussione sul se e sul quanto una fotocamera fosse migliore dell’altra. Misi sul lettino da still-life il mio orologio da polso e feci ritrarre ai due “contendenti” lo stesso soggetto, con la stessa inquadratura e con lo stesso obiettivo. Canon 5D Mark II contro Canon 7D, due signore di alta classe, una FF l’altra APS-C. 24-70/2,8L, 200 ISO, cavalletto e luce continua per entrambe.

Risultato: praticamente impossibile distinguere gli scatti...

Morale (sempre quella):
la macchina aiuta, sicuramente...
Qualcosa può fare l’ottica...
La foto la fa il fotografo.

 

5 - Ottiche, ottiche delle mie brame...

Chi sono le migliori del reame?... Facile... Non ci sono!

O meglio, l’ottica migliore, la più adatta, è quella che vi consente di fare nel miglior modo possibile ciò che vi eravate prefissati o che avevate immaginato. Quella con cui vi trovate meglio, magari quel peletto più leggera o più pesante a gusto vostro. In poche parole quella o quelle che vi piacciono di più. Non c’è un “canone professionale” preciso e prefissato che dovete rispettare altrimenti non va bene, non state facendo un beauty o una riproduzione fedele in still-life, tutto dipende da dove siete, da quanto lontani siete, da quanto tempo avete, da quanta luce c’è a disposizione e, soprattutto, da cosa volete fare.

Ah, una piccola parentesi, io sono abituato a ragionare in 35mm, per cui se lavorate in DX o APS-C considerate il fattore di moltiplicazione.

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Dunque dicevamo... se siete accreditati come giornalisti o fotografi a un concerto relativamente grande avrete pochi minuti per scattare da sotto il palco, per cui il consiglio è semplice: un paio di macchine al collo con roba tipo 24-70 e 70-200 montati (ovvio se ne avete una sola tenete il secondo obiettivo a portata di cambio) e vedete quello che vi è possibile fare.

Se invece state lontani avrete bisogno di ottiche più lunghe, se siete ufficiali e potete magari salire anche sul palco vi serviranno magari anche grandangolari un pelo più spinti (tipo 20/24) per rendere la sensazione di “profondità” ed entrare nella scena. Se siete davanti al palco e volete essere precisi e accademici riconducetevi alla fotografia di figura: sopra i 70mm e giustezza nella profondità di campo. Se volete scatti ai volti o alle mani dei musicisti o magari particolari dello strumento o dell’esecuzione allora un tele medio alto (200/300 mm) sarà più utile.

Ovvio che più la vostra ottica è luminosa meno dovrete ricorrere ad alti ISO, sicuramente questa diventa una discriminante forte nella scelta di lavorare con un 2,8 invece che con un 5,6 o 6,3, senza contare che quasi sempre una maggiore apertura relativa è sinonimo di una più alta qualità ottica. Tenete sempre a mente che ogni ottica ha, fra virgolette, un tempo di otturazione minimo utilizzabile con tranquillità, indipendentemente da qual è la velocità di movimento del soggetto. Se state scattando a 200mm sarà dura scendere sotto 1/200sec., magari uno o due terzi di stop meno se siete stabilizzati. In ogni caso per usare tempi tipo 1/60, che di per se basterebbero a inchiodare magari il movimento del soggetto ma sono poco compatibili con l’angolo di oscillazione della focale, avrete bisogno di un cavalletto. Scattare dal treppiede vi permette tecniche di scatto creative, anche di movimento (avete presente Ernst Haas?) difficili da eseguire senza (e ricordatevi di spegnere lo stabilizzatore, io lo dimentico sempre!).

Se siete scolastici fino in fondo e usate ottiche fisse, io non rinuncerei a un buon grandangolo e almeno a un medio tele. Scelte che vi fanno camminare di più ma spesso aiutano a trovare la giusta inquadratura, proprio perché vi costringono a guardare bene il soggetto prima dello scatto, senza contare che garantiscono quasi sempre una qualità ottica e una luminosità superiori agli zoom.

In definitiva ogni obiettivo ha caratteristiche intrinseche, per progettazione e costruzione che lo rendono diverso da ogni altro. A parere mio la scelta migliore resta sempre la stessa: usate quello con cui vi trovate meglio...

6 - Al sole o a lume di candela?

Ma il flash? Serve davvero? Aiuta? O magari può anche peggiorare le cose?

«Pensiamo all’interno di una stanza, di un rifugio, di una tenda. Pensiamo al senso di intimità che solo la luce disponibile è in grado di suggerire. Pensiamo alla luce cruda e piatta del flash, agli occhi rossi, agli sguardi spiritati, agli oggetti della stanza impietosamente illuminati come se improvvisamente un gigante dispettoso avesse scoperchiato il tetto.

E chiediamoci: l’immagine che voglio comporre ha davvero bisogno di tutta quella luce?» [cit. Michele Vacchiano Il sole portatile” 2001]

Non è specifico sugli argomenti trattati qua ma credo che renda molto bene l’idea...

C’è da dire che in casi come il nostro, nella fotografia di spettacolo, il lampeggiatore è anche estremamente fastidioso, sia per l’artista, sia per il pubblico (in teatro, per esempio potreste anche venir buttati fuori!). Il flash, paradossalmente, al buio serve a poco, le cose che servono davvero sono ottiche veloci e un cavalletto.

Soprattutto il flash della vostra macchina e soprattutto se non siete abbastanza vicini. Fate un conto rapido: un piccolo flash come quello incorporato avrà una potenza si e no di NG 12, forse 14, questo vuol dire che per coprire una distanza di 6 metri a 50mm vi serve un’apertura relativa di f/2; alzate l’ISO e migliorate le cose... ma vi rendete conto subito che se dovete lavorare comunque a 800 ISO tanto vale tenerlo spento. Senza lampeggiatore alzato evitate la brutta “flashata” sulle parti chiare del soggetto, rendete meglio l’atmosfera delle luci di palco ed evitate di dar fastidio a chicchessia.

Può darsi che vediate usare il flash a qualche fotografo ufficialissimo su un grande palco che si mette accanto all’artista per fare un primo piano o un dettaglio, magari usando un deflettore o un diffusore per creare luce negli occhi, diversamente è davvero poco utile. Per cui vi direi: usatelo il meno possibile, e soprattutto evitate di dar retta alla vostra fotocamera quando vi dice di alzarlo.

7 - Bianco, rosso e...

Il miracolo del bilanciamento..

Settare il bilanciamento del bianco per la luce di spettacolo può sembrare un’impresa tanto sono variabili, molto dipende dalla bravura del tecnico e dalla capacità dell’impianto luci di offrire un “tappeto” neutro o quasi su cui poter lavorare, sfruttando i fasci di luce più colorati come luci secondarie o accenti.

Spesso però lo spazio è poco, o il concerto non si presta a troppi cambi di luce, per cui ci possiamo trovare a fare i conti con una forte dominante magari rossa o blu o di chissà quale colore.

Da un punto di vista tecnico le luci di palco sono quasi sempre faretti (par o simili) a incandescenza o fluorescenza, con una temperatura intorno ai 3500-45000 °K, con montate davanti delle gelatine per colorare la luce. Da qualche anno si cominciano a vedere anche molti fari a LED RGB, fonti di luce colorata direttamente all’origine. In entrambi i casi, se doveste ricreare il colore reale dello strumento o del dettaglio l’unica soluzione sarebbe un approccio da studio, fare il bilanciamento del bianco prima di ogni foto o attaccare un check all’artista... Direi che rasentiamo il ridicolo.

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Se il tecnico o la band hanno scelto come luce principale una tonalità rossa, o blu, probabilmente avevano i loro motivi. Magari è una scelta stilistica per evocare una determinata sensazione, o forse si adattava meglio all’ambiente circostante. Oppure, banalmente, piaceva così o non c’erano gelatine di altri colori. In ogni caso, se l’artista è illuminato di blu non vedo il motivo per far sparire quel colore e riportare il tutto ai reali pigmenti. Se volete raccontare forme e contrasti rinunciando all’atmosfera del colore scattate o sviluppate in bianco e nero.

Nel 99% dei casi la vostra fotocamera si comporterà in maniera egregia con il bilanciamento del bianco impostato su automatico, se si tratta di una macchina particolarmente vecchia (che so una Nikon D100 o giù di lì) e proprio non ne vuol sapere di restituirvi un’immagine credibile, provate a farla lavorare su sole pieno, tungsteno o fluorescenza, una delle tre restituirà una foto corretta.

Un altro approccio può essere ragionato sulla tinta, ovvero sul colore della gelatina che è stata messa davanti alla fonte di illuminazione. Se la fotocamera vede una dominante preponderante sulle altre lunghezze d’onda può tendere a tagliarla per compensare e restituirci una foto priva di vividezza, “moscia” per intenderci. Per ovviare a questo potete agire sul bilanciamento colore della fotocamera o sullo “shift” del bilanciamento del bianco (dipende dai software dei costruttori). Se c’è troppo rosso e la macchina lo taglia, ditele che c’è sul serio e non sta vedendo male. Basta spostare il cursore nella direzione di quel colore in modo da esaltarlo e renderlo più vivo.

Detto tutto questo, potete sempre scattare in RAW, in modo da poter fare tutte le regolazioni e gli esperimenti del caso con calma in fase di sviluppo su ogni singolo scatto.

CONTINUA…

© www.fotobiettivo.it / gabriele bientinesi

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giovedì 11 giugno 2015

Fotografare ai concerti live, una fotografia fatta di tecnica e cuore – parte 1

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di Gabriele Bientinesi

Presentiamo ai lettori di Fotobiettivo una serie di articoli dedicati alla fotografia di concerti. Gabriele Bientinesi, responsabile per la comunicazione e la fotografia al Festival Musicastrada e fondatore della scuola Fotografando, accomunando la sua passione tanto per la musica che per la fotografia, ci apre al mondo della fotografia live con un taglio didatticamente rigoroso e al contempo coinvolgente…

Premessa: che cos’è Musicastrada?

Musicastrada nasce sedici anni fa, con la voglia di riunire in un unica realtà tutte quelle figure che lavorano intorno a un evento come un festival e alla musica in generale, non solo musicisti quindi, ma anche fonici, tecnici, grafici, esperti di comunicazione, fotografi, videomaker… Sedici anni fa nasce anche il MusicastradaFestival, una manifestazione itinerante che ogni anno si muove nei comuni della provincia di Pisa per portare musica autoriale di altissimo livello nelle piazze più suggestive dei comuni toscani; sono più di venti le amministrazioni che ogni anno, a turno, ospitano una tappa del Festival con il suo concerto. Negli anni Musicastrada è diventata anche un’agenzia di Booking e management e una casa discografica, che produce e propone i suoi artisti in Italia e in Europa. Nel contempo, la parte “fotografica” legata al Festival, che durante gli anni è stato documentato da importanti fotografi ed è anche diventato protagonista di un film-documentario, è cresciuta ed è diventata una scuola, Fotografando, attiva da diversi anni nella provincia di Pisa e punto di riferimento per fotografi e appassionati di tutta la Toscana.

Potete trovare ogni informazione sul calendario di Musicastrada 2015 che inizierà il 15 luglio nel sito del festival www.musicastrada.it

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1 - Perché fotografare un live?

Perché fotografare un concerto? Perché impiegare tempo ed energie con la fotocamera al collo, magari grossa e pesante, a produrre scatti invece di starcene seduti a guardare lo spettacolo per il semplice piacere di farlo?

Un concerto è qualcosa di più dell’ascoltare musica... 30 anni fa c’erano i dischi in vinile e i mangianastri, poi le musicassette e i walkman attaccati alla cintura, poi i cd, oggi gli mp3 e internet. Il concerto è sempre quello di tanti anni fa. Non è unicamente musica. È un insieme di emozioni, di suoni, di colori e di luci. È uno spettacolo che va ben oltre il brano musicale e l’esecuzione. È l’artista che è davanti a te, sul palco, che ti regala una parte di sé, del suo essere, del suo mondo, della sua vita.

Questo è forse ciò che ci fa sentire vicini a chi è davanti a noi su quel palco, che ci da la spinta a voler ricordare e quindi raccontare, da fotografi, un’emozione che è sempre diversa, sempre nuova, sempre forte.

Cito Vittorio Storaro: «Io credo che ognuno di noi dia una parte della propria vita quando tenta di scrivere con la luce.» [...]
«Proprio come fa l’autore musicale con le note, lo sceneggiatore con le parole, così facciamo noi scrivendo con la luce.».

Appunto. Fotografare vuol dire scrivere con la luce.

Tradurre in bianchi, neri, grigi, colori, sfumature e forme, quel turbinio di sensazioni ed emozioni che vola sopra di noi, attraverso di noi, dentro di noi. Raccontare con un’immagine, un tempo, uno spazio e un sentimento insieme. E se ci pensi bene sembra impossibile...

I fotografi però sono persone caparbie e non si arrendono facilmente. Ritrarre un tale flusso di emozioni è forse una delle cose più difficili da fare. Eppure spesso, riescono a rendere immortale quell’attimo, quel momento, che permette di regalare a chi non c’era la grandezza di un evento che ha emozionato una piazza intera.
È la grandezza della fotografia.

E una fotografia è fatta di tecnica e di cuore...
Sulla tecnica possiamo provare a darvi una mano, senza pretese, magari raccontandovi la nostra esperienza professionale e personale.
Il cuore... dovete mettercelo voi!

2 - È buio (non ce lo scordiamo).

I concerti, a meno di occasioni particolari, si fanno di sera. Gli spettacoli di teatro, nella maggior parte dei casi sono al buio o quasi.

E buio lo è davvero, ed è alla fine quello che dobbiamo fotografare. La luce contrapposta alla non-luce.
Ovvero quella poca illuminazione che disegna sull’artista un’espressione, una smorfia o un gesto, o magari sullo strumento e sulla scenografia (naturale o artificiale che sia) un riflesso o un’ombra particolare che inevitabilmente si offrono allo spettatore come catalizzatori di attenzioni e regalano quell’emozione e quell’atmosfera particolari senza le quali lo spettacolo non sarebbe assolutamente lo stesso.

Uno degli errori che vengono fatti più di frequente è cercare di esporre, magari dando retta all’esposimetro della fotocamera, in modo da restituire una scena omogeneamente illuminata. Allo stesso modo qualche milione di blog, forum e “amici esperti” vari, ci raccontano di come esporre queste situazioni più difficili in modo da ottenere un istogramma “corretto”, ovvero senza picchi a destra e a sinistra (alte luci e ombre), altrimenti la foto è sbagliata...

Errato, un’esposizione con un istogramma “corretto” restituirebbe solo un’immagine confusa di una scena mediamente illuminata nel suo complesso, assolutamente irreale e sicuramente molto poco interessante.
L’esposizione più corretta è sulle luci, spot o media sottoesposta di un paio di stop che sia, quella è e quella dobbiamo utilizzare.
E il nostro istogramma dovrà essere per forza di cose “sparato” sulle ombre, il nero davanti a noi c’è, e deve essere nella foto. È nero o quasi il cielo, il muro, la quinta, la parete, parte del palco e via discorrendo.

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L’esposizione migliore di solito si ottiene con una lettura spot su un punto di alta luce riflessa presente sulla scena, nel nostro caso un piatto o un’asta della batteria, uno strumento come una chitarra con finitura verniciata lucida e di colore chiaro, un abito particolarmente “sgargiante” dell’artista... Se il palco è in legno e individuate un punto illuminato in pieno sarà un grigio 18 ideale...

In pratica ci serve qualcosa che rifletta gran parte della luce incidente, se poi senza grosse dominanti scure (rosso, blu, verde, magenta) ancora meglio. Così facendo porremo in zona 5/6 (dove dovrebbe essere il grigio medio) la luce riflessa al 50% circa, riuscendo a ottenere una gamma dinamica ottimale, in grado di restituire correttamente dal buio assoluto alla luce bruciata dei fari diretti verso l’obiettivo.

Il sensore reagirà alla luce anche in relazione ai valori tonali globali, garantendo tranquillamente una latitudine di posa di 3 - 4 stop abbondanti, di conseguenza un margine di errore abbastanza importante, paragonabile se volete a una pellicola pancromatica (con cui era buona regola, in questi casi, esporre sulle luci per sviluppare sulle ombre). Non ci dimentichiamo che le moderne fotocamere digitali che stiamo utilizzando sono estremamente performanti sotto questo punto di vista, sono in grado di coprire una gamma dinamica anche superiore a 10 stop con una latitudine di posa estremamente flessibile e adattabile.
Se ci trovassimo a dover fare la stessa cosa con un’invertibile a colori, flessibile quanto una corda di violino tirata, l’accuratezza dell’esposizione ci darebbe sicuramente più da pensare...

3 - Un tempo si chiamava ASA (o DIN).

Era la prima cosa da fare: comprare la pellicola adatta.

Oggi si chiama sensibilità o velocità ISO equivalente, ed è in pratica la quantità di “corrente elettrica” che diamo al sensore per funzionare. Più bassa è, più avremo bisogno di luce per scattare, più l’immagine restituita sarà precisa e pulita. Più alta è, meno luce sarà necessaria, ma la nostra immagine diverrà pian piano più imprecisa e “granulosa” con l’aumentare del valore.

Un po’ come succedeva in pellicola, dove più alta era la sensibilità più grossa era la grana, il sensore sviluppa, ad alte sensibilità ISO, una sorta di rumore digitale, tecnicamente chiamato “rumore di luminanza” che è visivamente abbastanza simile alla vecchia grana di una pellicola ad alta sensibilità (1600 ISO e superiori).

Cosa fare dunque? Usare altissimi ISO per avere maggiori possibilità di scatto con tempi veloci e diaframmi chiusi o cercare di ottimizzare il rapporto luce/rumore per avere un’immagine più precisa e pulita con il rischio di scattare al limite delle possibilità fisiche dell’ottica e della macchina?
La risposta giusta sta banalmente nel mezzo.

Le fotocamere più moderne sono in grado di scattare a sensibilità pazzesche senza problemi di rumore, quelle un po’ più datate si difendono comunque bene fino a 800/1600 ISO, e vi garantisco che in pellicola era veramente raro andare sopra questi valori, si ricorreva ai 3200/6400 ISO solo in condizioni veramente terribili... e le foto chissà come mai venivano fuori lo stesso.

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Ricordo una collega che una volta, parlando con un’allieva, pronunciò una frase che mi fece subito riflettere. In luce crepuscolare, alla domanda «Che ISO devo usare?», rispose in modo estremamente semplice: «Usa l’ISO come un Jolly» disse, «Se serve un tempo troppo lungo per usare il diaframma di cui hai bisogno alza l’ISO». Trovai questa risposta assolutamente geniale: non solo interpreta perfettamente il senso della velocità ISO, ma slega anche da tutti i preconcetti e le abitudini che i fotografi di vecchia generazione, come me, hanno magari verso un certo tipo di pellicola e di attrezzatura.

Io che ero solito, per questo tipo di scatti, usare Ektachrome o Superia, spesso ragiono direttamente a 1600 ISO, a prescindere da quello che sto realmente guardando, e che forse sarebbe meglio interpretato con altre soluzioni.

In conclusione: usate la sensibilità necessaria.

Partite da valori intermedi e verificate sul campo, cominciate ad alzare l’ISO quando vi rendete conto che la luce è troppo poca... Alla fine state scattando in digitale, una rapida occhiata allo schermo lcd fugherà ogni dubbio.

Se state scattando a 200mm con apertura relativa 5,6 e non riuscite a scendere al necessario 1/200 di secondo e proprio non ne volete sapere di portarvi dietro un cavalletto o siete fotografi “a mano libera”... semplicemente alzate l’ISO!

© www.fotobiettivo.it / gabriele bientinesi

Fotografare ai concerti live - PARTE 2 >>


Sulla fotografia ai live, si può leggere anche questo articolo >

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martedì 26 maggio 2015

Salvarsi dal marketing degli alti ISO. Ovvero come vivere felici con la nostra vecchia fotocamera per molti anni

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Siamo ormai abituati alla veloce evoluzione tecnologica nel comparto fotografico e al consumo di informazioni sull’ultimo ritrovato uscito. La curiosità in effetti ci spinge a voler sapere subito ma nei fatti, salvo pochi fortunati, la gran parte di noi acquista fotocamere e obiettivi diversi mesi dopo la loro uscita, nel caso degli obiettivi anche anni (se non addirittura usati). I lettori del magazine sanno che amo fare delle recensioni tardive, che ritengo più utili per l’acquirente reale, spesso confrontando oggetti che si possono trovare ormai solo usati, o comunque accessibili al pubblico più vasto. Ad esempio questa recensione comparativa tra la fotocamera Canon EOS 1Ds Mark2 e la fotocamera Canon EOS 5d Mark2 oppure un confronto particolarmente critico tra EOS 7D ed EOS 30D soltanto per gli alti ISO. Difatti molte innovazioni tecnologiche sono troppo facilmente chiamate “rivoluzioni” quando tutt’al più si tratta di leggeri miglioramenti nel comparto tecnologico (per le fotocamere spesso si tratta di un processore migliore e un firmware aggiornato) .



C’è decisamente una componente spiccatamente psicologica e consumistica nel marketing aggressivo che ha caratterizzato l’ultimo decennio, dico l’ultimo decennio perché nel comparto reflex ad esempio si può dire che le innovazioni tecnologiche sostanziali sono state raggiunte già nel 2006/2007. La competizione è stata spietata e ha investito inizialmente la corsa ai megapixel. Per un lungo periodo, e ancora oggi, la fotocamera con più megapixel aveva un appeal da ultimo ritrovato tecnologico, capace di prestazioni superiori. Questa idea è dura a morire ma tutto sommato ormai anche il pubblico meno smaliziato si è stancato. Esistono cellulari con fotocamere da 40MP. L’idea che i molti megapixel siano sinonimo di qualità è finalmente scemata. Invito a leggere questo nostro articolo di un paio d’anni fa, le cose non sono cambiate di molto. Sappiamo quanto la Sony in congiunzione con Nikon abbia puntato sull’innovazione dei sensori, prima in risoluzione e infine in gamma dinamica, cui è seguito l’aggiornamento Canon con la EOS 5Ds capace di una risoluzione di ben 50 megapixel, benché ancora indietro quanto a gamma dinamica del sensore.

L’ultima frontiera poi è la miniaturizzazione degli apparecchi e la più grande innovazione è certamente quella delle fotocamere mirrorless, Fuji in testa a tutti. Le fotocamere mirrorless ormai hanno raggiunto livelli di qualità del sensore, per quanto riguarda risoluzione, alti ISO, gamma dinamica e output al pari se non superiore in taluni casi alle Reflex di fascia alta. Si legga un articolo come questo pubblicato da Ken Rockwell dove emerge bene che la Fuji X-Pro1 è al pari di mostri come la Nikon D800 o anche la D4.



Pur essendo la risoluzione un parametro che ha perso valore, resta ancora uno della “triade”, forse ormai il meno importante. Per triade intendo: RISOLUZIONE, ALTI ISO, GAMMA DINAMICA. Questi tre parametri ormai decidono il valore tecnologico di un sensore digitale, facendoci spesso dimenticare che attorno a un sensore c’è una fotocamera e che a questa si attaccano degli obbiettivi. É nota ormai la querelle che investe i punteggi assai bassi assegnati dal sito specializzato in analisi dei sensori digitali, DXOMARK, alle fotocamere della Canon. Tipicamente i sensori Canon restano parecchio indietro a causa di una più ristretta gamma dinamica, che non supera i 12 stop anche a bassi ISO, contro i circa 14 dei sensori Sony/Nikon. La gamma dinamica è un fattore importante certo, ma non indispensabile. Inoltre per le applicazioni più tipiche dove occorre ampia latitudine di posa nello scatto, ovvero il paesaggio, le fotocamere moderne danno la possibilità di attivare la modalità HDR (High Dynamic Range) per espandere la gamma dinamica anche oltre i 14 stop totali.

Una cosa che caratterizza i sensori Sony/Nikon è la grande possibilità di recupero nelle ombre. Questo aspetto ci conduce direttamente all’argomento chiave, ovvero: gli alti ISO sono davvero una innovazione tecnologica? Un po’ lo sono, ma è davvero poca cosa. Non certo la rivoluzione tecnologica che vorrebbero farci credere. In buona sostanza gran parte dei miglioramenti sono nell’ottimizzazione del segnale in concomitanza con l’aumento della risoluzione. Questo si traduce in un miglioramento da una generazione di fotocamere all’altra di circa 1/2 – 2/3 di stop in assoluto e 1-1,5 stop, se consideriamo anche il maggiore fattore di risoluzione, ovvero che ad esempio riducendo un file da 36MP (Nikon D800) a 12MP (Nikon D700) anche a parità di rumore digitale l’immagine della Nikon D800 apparirà più pulita, ovviamente.

Funzioni aggiuntive nel menu di Magic Lantern

La più grande limitazione affinché la nostra vecchia EOS 5D (la versione I) o Nikon D700 che sfornano ancora file meravigliosi di dignitosissimi 12 MP (per sapere se ce ne servono davvero di più, invito ancora a leggere questo articolo) riesca ad eguagliare le prestazioni degli alti ISO di fotocamere più moderne, ebbene non è tecnologica, bensì: COMMERCIALE! Canon (così come gli altri brand) si guarda bene dall’offrire un aggiornamento del firmware che potrebbe sbloccare il limite degli alti ISO che nella EOS 5D è ancora a ISO3200. Come superare questo limite?

Esiste un software open source gratuito che è ormai arrivato a livelli di affidabilità notevoli. Si chiama MAGIC LANTERN e va a sostituire il firmware della Canon. Purtroppo funziona solo con Canon. Per le fotocamere Nikon sta nascendo una community simile, si veda il sito https://nikonhacker.com/. Questo firmware alternativo ovviamente fa molto di più, introduce strumenti e ottimizzazioni notevoli soprattutto nel comparto video. Le fotocamere molto vecchie, come la EOS 5D in questione non sono pienamente supportate. In generale anche la gamma dinamica, almeno dell’output di file JPEG viene aumentata e la limitazione degli alti ISO può essere rimossa.

GAMMA DINAMICA AUMENTATA CON MAGIC LANTERN
< Capiamo quindi che i limiti degli ISO sono piuttosto una questione di software che non di hardware. Allora perché non intervenire direttamente noi sul file? La prima regola da seguire è come sempre scattare in RAW (sul perché, leggere questo articolo) che ci consente un maggior recupero nelle ombre e in generale dell’esposizione e un aumento della gamma dinamica rispetto a un JPG 8 bit. In buona sostanza, senza entrare nei dettagli, anche la fotocamera di ultima generazione usa una specie di trucchetto software quando impostiamo gli ISO altissimi, quelli che prima erano chiamati ISO espansi. Anche nella nostra fotocamera di più vecchia generazione quando attiviamo dal MENU gli ISO ESPANSI avremo valori come H1 o H2 che sono valori superiori al massimo considerato accettabile. Quindi se la fotocamera arriva a ISO 3200, H1 sarà ISO 6400. Quello che non sappiamo però è che non sono valori “reali” ma interpolati dal software. La stessa cosa che possiamo fare noi se agiamo in questo modo:

1) IMPOSTARE LA FOTOCAMERA SUL FORMATO RAW

3) ATTIVARE I VALORI ISO ESPANSI E SCEGLIERE IL VALORE MASSIMO

3) SCATTARE CON DIAFRAMMI A MASSIMA APERTURA E UN VALORE DI COMPENSAZIONE (SOTTOESPOSIZIONE) DI “–1” (ottenuto diminuendo i tempi di scatto alla metà, ed esempio da 1/15 a 1/30). Infatti l’unico motivo per cui siamo disposti a sacrificare la qualità di immagine sia alzando gli ISO nativamente sia sottoesponendo è perché siamo già al limite  e i tempi di scatto non sono accettabili.

Ricordiamo che i tempi di scatto al limite possono essere ancora tollerabili se è presente uno stabilizzatore nella fotocamera o nell’obbiettivo (leggere questo articolo). In caso di soggetti in movimento i tempi di scatto sicuri potrebbero comunque non bastare, anche se lo stabilizzatore è attivo, come nel caso della FOTOGRAFIA SPORTIVA. In generale la necessità di ISO molto alti si fa sentire per la fotografia a teatro o ai concerti.

4) APRIRE IL FILE RAW CON UN SOFTWARE EVOLUTO COME DPP (solo Canon), LIGHTROOM O PHOTOSHOP.
Qui possiamo intervenire semplicemente sul valore di esposizione generale e riportare l’immagine a valori di +1 (o +10 se la scala è in centesimi). in alternativa, dato che molto spesso le immagini sottoesposte soffrono soprattutto nelle ombre che risultano molto chiuse, è sufficiente intervenire solo sulla porzione a sinistra dell’istogramma, ovvero possiamo recuperare solo i neri e le ombre (e quindi un po’ i mezzi toni), lasciando inalterate le luci e le alte luci (bianchi). Questo intervento è particolarmente felice con i sensori Nikon/Sony che permettono un grande recupero nelle ombre senza troppo rumore digitale.



Gli interventi possibili in camera oscura digitale sono diversi. Non sempre spostare il selettore dell’esposizione è la soluzione migliore. In generale tutti gli interventi sulla luminosità, tra l’altro su file già scattati a ISO molto alti, introducono una notevole quantità di rumore digitale. Molto meglio intervenire sulle curve (vedi questo articolo). O come nell’immagine sopra, aprendo Photoshop e lo strumento CURVE. Impostiamo il tipo di opacità su “LUMINOSITA’” in modo che l’intervento non vada ad alterare i colori dell’immagine ma soltanto la luminosità. Nell’immagine di esempio, il recupero interviene in modo graduale agendo soprattutto sui mezzitoni. Con le curve possiamo modificare la luminosità dell’immagine in modo più accurato, dato che ogni immagine è diversa dall’altra.

Anche una fotocamera vecchia come la EOS 30D può arrivare a ISO 6400 in questa maniera, come nell’immagine a seguire:



Come si nota in questa foto (e si spiega meglio in quest’articolo) non c’è una grande differenza nella qualità dell’immagine tra una EOS 30D spinta a ISO 6400 in postproduzione e il file nativamente ISO 6400 di una EOS 7D. La differenza c’è ma non è molta. Inoltre incide di più la maggiore risoluzione della EOS 7D (18MP) rispetto ai soli 8MP della EOS 30D. La reale differenza si ha con un sensore FULL FRAME anche di una “vecchia” EOS 5D Mark2 che essendo grande il doppio ha una densità di pixel molto minore e quindi un rapporto segnale/disturbo decisamente più favorevole.

Questo ci dice un’altra cosa: se ad esempio fare foto ai concerti o comunque usare gli alti ISO è una nostra priorità, piuttosto che rincorrere l’ultima fotocamera uscita nel segmento amatoriale, con sensore APS-c (Canon EOS 600D, 700D 60D, 70D, 7D, ecc), è una scelta assai più sensata l’acquisto di una fotocamera full frame anche usata, di più vecchia generazione. Con tutte le migliorie tecnologiche a livello di sensore e processore, un sensore più grande è semplicemente migliore, anche se di due generazioni precedenti. Con 500 eu oggi possiamo acquistare una EOS 5D primo tipo o una Nikon D700. Se possiamo accettarne le limitazioni (che sono tutte in altri comparti ma NON nella qualità di immagine), non c’è nessuna ragione per spendere il doppio su una fotocamera di ultima generazione che nemmeno raggiunge tale qualità, pure se con una risoluzione superiore. Soldi che possono essere spesi su un’ottica di qualità.

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mercoledì 1 maggio 2013

EOS 5D MARK3 RUMORE A ISO BASSI E PRIORITA' TONALITA' CHIARE

di Marco Palladino
 
eos5d-markiii-ef50mmPossiedo una Eos 5D Mark3 da alcuni mesi, è andata a rimpiazzare la Eos 5D2 che in India mi aveva parzialmente abbandonato a causa della scadente tropicalizzazione. Ho sempre accolto con qualche riserva la qualità di immagine della linea 5d, venendo dalla 1Ds mark2. Intendiamoci sono fotocamere che producono immagini eccellenti, ma alcuni problemi davvero bizzarri per fotocamere di questo livello continuano ad affacciarsi.