Drop Down MenusCSS Drop Down MenuPure CSS Dropdown Menu

giovedì 30 maggio 2013

Che bella questa foto…merito certamente di Photoshop. Postproduzione e ritocco.

Aggiungi questo post al tuo Flipboard
di Marco Palladino

Che bella foto, chissà che interventi hai fatto in Photoshop? Volente o nolente qualsiasi fotografo si trova oggi a confrontarsi con domande del genere. Basti pensare alla foto vincitrice del World Press Photo Award 2013, la bella fotografia di Paul Hansen che tante reazioni ha suscitato, come è giusto che sia, la gran parte però rivolte al fotoritocco, secondo molti eccessivo, e ancora una volta tutti a scagliarsi contro il fotografo, reo secondo molti di aver calcato la mano per spettacolizzare una sua foto solo attraverso un uso quasi pittorico della luce e del colore, sicuramente ottenuto in maniera fasulla in postproduzione, secondo i molti detrattori.

C’è chi è arrivato ad ipotizzare che la luce sui volti, che arriva da sinistra, sia stata ricreata artificialmente dal fotografo in postproduzione, che fosse “impossibile” avere una simile luce. Senza nemmeno bisogno di ricordare che la luce rimbalza e che nulla di irreale appare in questa foto, mi chiedo perché ci sia tanta attenzione al fotoritocco e poca a ciò che la fotografia comunica e soprattutto racconta, trattandosi di immagine giornalistica. Quasi che il “teatro di posa” che è diventata la Palestina ormai faccia parte di una storia infinita, nell’immaginario collettivo, un fatto immutabile: “Toh guarda un’altra foto sui morti ammazzati in Palestina…mah, vediamo che postproduzione ha usato il fotografo…”



Questa la foto incriminata, che molti ormai conoscono


Alleggeriamo il tutto e parliamo di un contesto personale. Mi arrivano spesso domande da parte degli allievi circa la postproduzione dei miei scatti. Registro sempre tra chi inizia la sua avventura fotografica una convinzione che il passaggio in Photoshop sia ciò che dona a una foto la sua atmosfera e la sua intensità. A malincuore arrivano più domande in tal senso che non sulla visione del fotografo, o su ciò che lo ha portato a scegliere una determinata prospettiva, a mettere in risalto determinati elementi, o più semplicemente l’ora del giorno, la luce, ecc.

La postproduzione è un passaggio obbligato, si sa, ma appare agli occhi dei più la scorciatoia, quasi il “trucco di magia” con cui anche un fotografo mediocre può creare quasi dal nulla immagini spettacolari. Che ciò avvenga è risaputo, ma le foto mediocri appaiono spettacolari solo a chi non s’intende di fotografia , anche se ne consuma molta, il che oggi significa una moltitudine di persone. Anche in ambito di fotogiornalismo, si sa, la spinosa questione del fotoritocco fa passare notti insonni alle giurie più prestigiose. Tuttavia ritengo che chi, come nell’esempio della foto di Hansen, spara bordate contro la scelta di postproduzione sia decisamente in malafede. Possiamo ragionare tutt’al più sulla necessità di “finalizzare” (mi piace il termine inglese “tuning” che rende bene l’idea, lo utilizzerò in questo post), dare quel tocco finale a un’immagine, ma in il rischio è che oggi il fotografo “deve” esagerare per farsi notare. Mi chiedo se i fotografi non siano piuttosto vittime, tra l’altro sempre pronti ad aizzarsi l’uno contro l’altro.

Torniamo al ragionamento. Il fotoritocco come alternativa al saper fotografare, in un certo senso è questo che emerge. Non a caso nel fotogiornalismo, anche per tradizione, c’è una scuola di pensiero che sostiene le immagini grezze, dure e dirette e non solo pochissimo elaborate, anche pochissimo “pensate”. Di contro fotografi che hanno fatto della loro firma stilistica particolarmente evidente, spesso ottenuta in camera oscura (tradizionale), un segno di distinzione. In un certo senso la replicabilità del processo digitale ha fatto perdere valore a questo aspetto. I “trucchi” di camera oscura erano tratti distintivi di un fotografo, oggi un plug-in di Photoshop o altri software possono replicare “esattamente” un processo di sviluppo digitale utilizzato da un determinato autore, facendogli così perdere unicità. Chi non ha sentito parlare dell’effetto “Dave Hill” o dell’effetto “Dragan”? Basta cercare su youtube e i tutorial si sprecano.

Se una cosa è replicabile, si sa, non è più arte. Eppure ai posteri il “tocco” tipico delle immagini di questi anni apparirà come una moda. Personalmente vedo nella bella foto di Hansen il tipico “tuning” di questi anni, mi chiedo anche se non ne sia artefice qualcun altro, uno studio, un grafico di redazione. Anzi oggi che siamo tutti free-lance, più che di redazione, un grafico di qualche studio a pagamento. A pensarci bene, questa foto (come altre) è praticamente monocromatica, è un bianco e nero che però non vuol esserlo, con una nota di colore che di per sé suscita delle emozioni (generalmente un viraggio o verso tinte seppia o verso il blu, tipicamente da bilanciamento del bianco o da filtro) ma senza la distrazione indotta dai colori (ad esempio il blu elettrico della tuta indossata dall’uomo a destra).

Possiamo gridare allo scandalo o alla mistificazione? Il colore della tuta è fondamentale per la comprensione della storia narrata dalla foto? Ci muoviamo allora in un ambito dove le scelte non sono più dettate dal “giusto o sbagliato” ma anche e soprattutto dalle intenzioni dell’autore, nella migliore delle ipotesi, o più probabilmente di una redazione. Sono convinto che molti miei colleghi oggi si uniformino a un certo gusto per due ragioni di fondo: moda e opportunità. Non me la sento di dargli torto. Moda perché il gusto corrente predilige e quindi richiede immagini con questo tipo di tuning. Opportunità perché se non ti adegui è possibile che le tue foto siano penalizzate rispetto ad altre, e la concorrenza oggi si sa è spietata, perché il photoeditor di turno (sempre che ce ne sia uno nelle redazioni) a sua volta è condizionato dal gusto corrente. A meno che tu non sia un mostro sacro della fotografia che fa scelte totalmente autonome, uniformarsi alla moda è necessario.

Forse, in conclusione, se il fotoritocco in un certo senso si standardizza, la cosa non è poi così da temere. Magari in questo modo sono le foto a parlare più che il tuning. Forse che in bianco e nero le foto erano/sono tutte uguali?

IMG_8791_B&W 
Foto che ha suscitato curiosità negli allievi per la postproduzione che si supponeva molto elaborata

Personalmente, negli anni sto tornando sempre più verso il bianco e nero, vero e proprio. Il colore mi disturba, talvolta è protagonista di un’immagine, come nelle note fotografie di Steve McCurry ma il più delle volte distrae. Sta al fotografo non introdurre colori invadenti nelle sue foto, ma oggettivamente, pensando alla foto di Hansen, avrebbe dovuto chiedere alle persone in lutto di indossare abiti meno colorati? Una riflessione sul colore non può certo ridursi a queste poche righe. Mi sento di aggiungere che ormai note di colore forti e nette sono un espediente per catturare l’attenzione di un gusto più di massa. Così facendo tuttavia si “distrae” l’osservatore e non lo si induce a percepire un’immagine nella sua essenza, di forma, spazio, luce.

Perché il rischio è questo, che se una foto appare ricca di intensità anche grafica, è opinione corrente che sicuramente la postproduzione l’ha resa tale. In un certo senso si rischia oggi che un bravo fotografo che ha scelto finemente momento, composizione, luce, ecc. sia ritenuto tutt’al più un bravo “fotoritoccatore”. Personalmente e per lavoro io devo dialogare anche con chi è inesperto di fotografia (e mi piace farlo) e devo tener conto di ciò che una foto suscita. Una forte dose di contrasto, che si sa regge bene solo su foto che sono perfette dal punto di vista di luce ed esposizione, può apparire come un fotoritocco elaborato e complicato, tale da far pensare: “bella…che cosa hai fatto in photoshop?”. Una sensazione che sarebbe bene non suscitare.

Potrà sembrare incredibile ma questa foto dentro photoshop non è nemmeno passata. Il lavoro c’è, tutto sul RAW, ma quel che è stato aggiustato finemente è il dosaggio di luminosità e di contrasti, niente è stato introdotto o alterato. La foto a colori da cui “partiva” (nel RAW i dati sul colore sono sempre presenti anche se abbiamo utilizzato un effetto monocromo nella fotocamera) è questa, un’immagine a colori sì ma, per meglio dire, l’immagine come era prima dell’ultimo intervento di passaggio al bianco e nero.

IMG_8791

La fotografia a colori lascia intravedere meglio come gli interventi correttivi siano avvenuti esclusivamente per un’ottimizzazione della luce, dove ricerco una curva tipicamente non digitale, con maggiore contrasto sui mezzitoni e compressione delle alteluci. Il digitale richiede una ottimizzazione di questo tipo perché registra la gamma tonale in maniera lineare, a differenza delle pellicole che hanno ciascuna una sua curva caratteristica.

Il colore qui è importante per trasmetterci l’atmosfera, la luce calda sul metallo, trattandosi di foto fatte all’alba, il contrasto cromatico tra questa e il blu dello sfondo o delle tute degli operai. Tutto questo non si perde interamente nel viraggio al bianco e nero, perché i contrasti cromatici si trasformano in contrasti di luce. Uno scatto di partenza con passaggi tonali puliti rende immagini in bianco e nero altrettanto nette. Direi che anzi il bianco e nero rende visibili maggiormente i passaggi di luce altrimenti camuffati dal colore (rivedere la foto in B&N).

Spero che da questa trattazione evidentemente parziale e solo abbozzata nasca una riflessione ulteriore, non ho la pretesa di possedere la verità su un argomento così controverso ma spero di aver fatto un po’ di luce partendo dalla mia personale esperienza di fotografo alle prese continuamente con dubbi amletici circa la post-produzione.

Può tornare utile leggere anche questi articoli che ho scritto sul medesimo argomento, partendo da spunti differenti.


FOTORITOCCO E POSTPRODUZIONE: DOVE E' IL LIMITE?

LA CURVA DI CONTRASTO CARATTERISTICA: PELLICOLA E DIGITALE

Tutti i post sul tema FOTORITOCCO  >>>
Buona discussione…
©2013 fotobiettivo.it/ marco palladino – Tutti i diritti riservati

Lo hai trovato interessante? Condividi con i tuoi contatti:
Aggiungi questo post al tuo Flipboard