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giovedì 19 settembre 2013

Damnatio memoriae – Una riflessione sulla memoria fotografica

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di Stefano Baglioni

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Una mostra fotografica a Roma è nata da una storia particolare (ILEX Exhibition Space, Via in Piscinula 21 Trastevere tel. 333.3047434 – visite per appuntamento info@ilexphoto.com fino al 25 settembre 2013). Ed è particolare per i sui significati. Brevemente la genesi. Vicino ad un cassonetto a Trastevere vengono trovati tre album di fotografie, sul primo è attaccato un post-it con scritto “si può buttare”. Le fotografie tutte insieme raccontano la vita di una signora, una contessa, a partire, presumibilmente, dagli anni quaranta.

Pezzi di vita dalla gioventù agli anni della maturità. Momenti veri, altri rappresentati, altri da ricordare, emozioni fissate nelle stampe sbiadite. Sono album uguali a quelli che fino a circa 20, 30 anni fa avevano il loro ordinato posto nelle maggior parte delle case. Rappresentavano il sintetico “archivio” della memoria dalle origini alla fine visto che spesso su questi album venivano scelte le foto delle lapidi. Gli album venivano passati da generazione a generazione come un testimone, un lascito testamentario di un patrimonio immateriale quale può essere la testimonianza di un’origine e un divenire.

Non sapremo mai chi ha deciso e perché di tagliare il fili della memoria chi scrivendo, in maniera quasi burocratica, “si può buttare” abbia consentito, con effetto per se e per gli altri, di resettare i ricordi, abbia ordinato di non tramandare ai posteri. Non lo sapremo mai, ma quello che colpisce è la scelta di chi ha avuto il compito di eseguire la condanna. Di fatto non l’ha portata a compimento, perché ? Quale è stata l’origine del sentimento di pietas che ha indotto il carnefice a riporre quegli album come nella ruota degli esposti. Piace pensare che abbia voluto dare agli album una ulteriore opportunità di vita, la possibilità di raccontare ed emozionare ancora -ben colte dalla curatrice della mostra fotografica Laura Mocci- quindi una persona che ne ha compreso, avendoli in se, i valori. Bella persona, bello il gesto.

La damnatio memoriae questa volta non c’è stata anche se avviene tutte le ore di tutti i giorni con un flusso quasi biblico. Non esistono più gli album e posti nei cassetti a loro dedicati, le memorie artificiali casalinghe sono archivi dei personali ego e non strumenti da essere socializzati e tramandati. E allora che transito hanno preso le “memorie” ?

Seguiamo le tracce dei numeri: nel 2011 sono stati prodotti 375 miliardi di fotografie (nel 2000, era analogica, 85 miliardi) nella quasi totalità di tipo familiare e privato, ovvero 2500 fotogrammi al secondo, 6 miliardi al mese, 70 miliardi all’anno. Ad oggi i server di Facebook contengono 90 miliardi di foto.

Bene si potrebbe immaginare, un unico cassetto, un unico album, un valore moltiplicato all’ennesima potenza. No, niente a che fare. Il contenitore si regge solo se il flusso è continuo, l’eruzione deve essere incessante, il fiume di magma incessante. Le foto vengono esplose dal cratere e poi si perdono nelle viscere della terra, quelle che sono sostituite svaniscono senza lasciare tracce. Altro che album, altro che memoria, altro che patrimonio, altro che socializzazione, fin anche quella familiare. E’ l’apoteosi del buco nero una vera e propria damnatio memoriae non decisa ma conclamata. Bisogna intonare il de profundis ? No, no anche perché siamo qui con una irrefrenabile voglia di ringraziare lo sconosciuto salvatore di album.

©2013 fotobiettivo.it / stefano baglioni


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