Drop Down MenusCSS Drop Down MenuPure CSS Dropdown Menu

lunedì 10 ottobre 2011

Stabilizzazione di immagine: lo stabilizzatore, la riduzione delle vibrazioni, IS, VR, OS, ecc. sistemi usati da Canon, Nikon, Sony, Olympus, a cosa servono e cosa conviene acquistare

Aggiungi questo post al tuo Flipboard
di Marco Palladino

stabilizzatoreISLa stabilizzazione dell'immagine (IS) è una tecnologia utilizzata per ridurre le vibrazioni di un’immagine in fase di scatto. Nikon usa il termine VR, riduzione di vibrazioni, mentre la Canon applica l’acronimo IS, stabilizzazione d’immagine. Avendo la Canon inventato per prima questa tecnologia, si usa generalmente l’acronimo IS per descrivere questa tecnologia, senza entrare nello specifico di ciascun produttore. Entrambe le tecnologie comunque lavorano in maniera simile e soprattutto applicano la stabilizzazione alle ottiche. L’IS non è utilizzato solo in fotografia, lo si usa per stabilizzare binocoli, fotocamere e videocamere, telescopi astronomici.


Con le macchine fotografiche, le vibrazioni della fotocamera sono particolarmente problematiche con tempi di posa lenti o con lunghezze focali superiori ai 100mm (teleobiettivo). Con le videocamere invece le vibrazioni sono indotte dal normale uso della videocamera in movimento, che produce ritardi (effetto scia) tra un fotogramma e l’altro durante la registrazione video. In astronomia, il problema del tremolio della lente è particolarmente problematico, e tra l’altro a questo si aggiungono le variazioni atmosferiche, che modificano la posizione apparente degli oggetti astronomici.

a-confronto,-chiusi
In ogni caso sono tutti sistemi meccanici che intervengono fisicamente, con un sistema a giroscopio, a compensare il movimento. Altri sistemi di stabilizzazione delle immagini comportano invece l’impiego di software in fase di post-produzione. Questo sistema viene utilizzato da alcune fotocamere, con una tecnica che sposta l'immagine elettronica da un fotogramma all'altro del video, o almeno quanto basta per contrastarne il movimento. Utilizza infatti dei pixel presenti al di fuori del confine del frame visibile per fornire un buffer al movimento. Questa tecnica non influisce sul livello di rumore delle immagini, tranne nei bordi estremi.


Ma veniamo alla fotografia. Nella fotografia, la stabilizzazione delle immagini può spesso consentire l'impiego di tempi di posa di 2 fino a 4 stop più lenti (il che in termini di esposizione significa 4-16 volte più luce!), talvolta anche più di 4 stop ma ovviamente su una percentuale di scatti via via minore.

A che cosa serve lo stabilizzatore?

La regola empirica per determinare la velocità di scatto più lenta possibile, impugnando la fotocamera, senza indurre mosso o micromosso, reso visibile dalle vibrazioni della fotocamera, è di prendere il reciproco della lunghezza focale, quella equivalente sul formato 35 o full frame. Per esempio, a una lunghezza focale di 125 mm su una fotocamera 35 mm, possibili vibrazioni o micro vibrazioni della fotocamera incidono sulla nitidezza se la velocità dell'otturatore è più lenta di 1/125 di secondo. Attenzione, molti (purtroppo anche manuali e guide online) confondono lessicalmente mosso e sfocato...non sono la stessa cosa! Non a caso in inglese il mosso viene detto “motion blur”, ovvero “sfocato da movimento”, non solo ‘blur’.

Offerte tv led Samsung
E' particolarmente utile l'IS per fotografare a mano libera
Utilizzando lo stabilizzatore che in teoria permette 3-4 stop in più, un'immagine scattata alla velocità di 1/125 di secondi, con un obiettivo comune, potrebbero essere scattata a 1/15 o 1/8 secondo con un IS o VR attivato, producendo quasi la stessa qualità. La nitidezza ottenibile ad una data velocità può aumentare notevolmente. Quando si calcola la lunghezza focale effettiva, è importante prendere in considerazione il formato di immagine che una macchina fotografica usa. Il formato più comune oggi nelle fotocamere reflex non è il 35mm o pieno formato bensì il formato APS-C che è sensibilmente più piccolo della reflex full frame. Un sensore più piccolo comporta una moltiplicazione della focale effettiva di x1.5 o x1.6 volte, quindi se si scatta con un 100mm i tempi devono essere di almeno 1/160.
I diversi tipi di sensore e grandezze relative
Fotocamere con sensori più piccoli, come ad esempio il quattro terzi della Olympus, richiedono adattamenti ancora maggiori, calcolando che il sensore richiede una moltiplicazione non per una volta e mezzo, bensì di 2 volte, ovvero x2.0

Tuttavia, la stabilizzazione delle immagini non impedisce il suddetto ‘motion blur’ causato dal movimento del soggetto o dai movimenti repentini della fotocamera. La stabilizzazione delle immagini è efficace solo per per ridurre il mosso che deriva dalle normali vibrazioni indotte dalla mano quando si preme il pulsante di scatto. Inoltre la “fermezza” di impugnatura varia da persona a persona e tra l’altro è una cosa su cui ci si dovrebbe esercitare. Nei miei corsi di fotografia spendo un po’ di tempo su questo aspetto, perché è una di quelle cose che poi diventa molto difficile modificare quando è diventata una abitudine. Impugnare male fotocamera e obiettivo comporta sicuramente una riduzione della stabilità in fase di scatto e quindi un maggiore rischio di mosso, con o senza IS/VR.

Lo stabilizzatore, non a caso, è stato messo inizialmente nei teleobiettivi molto spinti (300mm, 400mm, 500mm), le ottiche professionali di Canon e Nikon, laddove la lunghezza della focale rende particolarmente problematico scattare senza l’ausilio di un treppiede o almeno di un monopiede. Tuttavia ci sono effetti creativi, particolarmente apprezzati negli ambiti fotografici dove questi obiettivi sono impiegati, cioè lo sport e la caccia fotografica, che verrebbero annullati dallo stabilizzatore. Ad esempio il panning, cioè avere un soggetto nitido o comunque leggibile con dietro uno sfondo mosso. Il movimento di inseguimento del fotografo, necessario a ottenere questo effetto, verrebbe annullato dallo stabilizzatore, che tenderebbe a compensare il movimento dello sfondo. Pertanto alcuni obiettivi e corpi macchina (perché alcuni produttori inseriscono la stabilizzazione direttamente nella fotocamera e non negli obiettivi, un sistema meno efficace ma sicuramente più economico perché stabilizza tutti gli obiettivi anche quelli vecchi) includono una modalità secondaria o una 'modalità attiva' che compensa soltanto i movimenti verticali, lasciando visibili i movimenti orizzontali usati per questi effetti creativi.



Quale sistema di stabilizzatore d’immagine scegliere?

Lo stabilizzatore d'immagine ottico, spesso abbreviato in OIS o OS, è insomma un meccanismo utilizzato per stabilizzare l'immagine registrata variando il percorso ottico al sensore. Diverse aziende hanno nomi diversi per la tecnologia OIS, ad esempio: stabilizzazione dell'immagine (IS - Canon, il primo a produrre una lente OIS), Riduzione Vibrazioni (VR - Nikon), MegaOIS (Panasonic e Leica), Piano Super Steady (SSS - Sony), stabilizzatore ottico (OS - Sigma), Vibration Compensation (VC - Tamron) e Shake Reduction (SR - Pentax).

Molti zoom di fascia bassa oggi montano uno stabilizzatore, che ovviamente utilizza una tecnologia semplificata, altrimenti il costo dell’obiettivo salirebbe troppo. Basti pensare che in ambito professionale, uno zoom come il 70-200 può arrivare a costare quasi il doppio se stabilizzato. Addirittura oggi abbiamo lo stabilizzatore presente in quasi tutti gli obiettivi di kit, quelli aggiunti a un costo irrisorio alle fotocamere più economiche, come la Canon eos 1100D o Nikon D3100, mentre ci sono obiettivi professionali, come il Canon 24-70 2.8 L che ne sono ancora sprovvisti.

Se questo ovviamente aiuta a compensare uno degli errori tipici dei principianti, cioè scattare con tempi troppo lenti, richiede però che si capisca da subito la tecnologia che si sta utilizzando. Ci sono non pochi problemi infatti: innanzitutto si rischia di prendere l’abitudine a scattare sempre oltre il suddetto limite di sicurezza; poi se si dimentica di disattivare lo stabilizzatore, quando la fotocamera è montata sul cavalletto, si rischia un peggioramento della qualità dell’immagine. Gli stabilizzatori di ultima generazione sono in grado di “capire” se la fotocamera è istallata su cavalletto o no, ma ad esempio un obiettivo come il canon EF 100-400 L, particolarmente amato dai fotografi di animali per la sua versatilità, monta ancora uno stabilizzatore di vecchia generazione che oltre a compensare di meno (fino a 2 max 3 stop) richiede di essere disabilitato quando la fotocamera è stabilizzata esternamente. Non a caso la maggior parte dei produttori suggerisce di disattivarlo quando l'obiettivo è montato su un treppiede in quanto può causare risultati errati ed è comunque generalmente inutile.

Esempio di mosso causato dal fotografo
Abbiamo detto che alcuni produttori hanno realizzato una stabilizzazione “in-camera” ovvero direttamente nella fotocamera, non nell’obiettivo. In queste fotocamere il sensore viene spostato in modo da neutralizzare il movimento della fotocamera, una tecnologia spesso definito come stabilizzatore d'immagine meccanico. Il sensore viene spostato per mantenere la proiezione dell'immagine sul piano, in funzione della lunghezza focale dell'obiettivo utilizzato, perché le moderne macchine fotografiche sono in grado di acquisire informazioni precise dall'obiettivo montato. La Konica Minolta usa una tecnologia chiamata "anti-shake", ora commercializzato come SteadyShot, nella linea Sony α, e "Shake Reduction - SR", simile a quello usato nella serie K10D e K100D da Pentax. Anche Olympus ha introdotto la stabilizzazione delle immagini con le D-SLR E-510. Altri costruttori usano un sistema per analizzare l'immagine al volo e quindi spostare il sensore in modo appropriato. Lo spostamento del sensore viene utilizzato anche in alcune telecamere da Fujifilm, Pentax, Samsung, Casio Exilim e Ricoh.

Il vantaggio del sistema di spostamento del sensore, invece della lente, è che l'immagine sarà stabilizzato indipendentemente da quale lente è in uso. Ciò significa che l'acquisto di lenti per una fotocamera di questo tipo è più conveniente, che le lenti pesano meno, che si possono usare obiettivi di vecchia generazione non stabilizzati. La Sony, ad esempio, capace di montare i vecchi obiettivi Minolta, non a caso ha scelto questa strategia. Con una fotocamera Sony possiamo infatti acquistare un parco ottiche usato della Minolta anni ‘80, a un ottimo prezzo, e ritrovarci tutti gli obiettivi stabilizzati.
Uno degli svantaggi principali di questo sistema è che l'immagine, vista nel mirino, non è stabilizzata. Tuttavia, questo non è un problema con fotocamere che utilizzano un mirino elettronico, dal momento che l'immagine proiettata su quel mirino è presa direttamente dal sensore. Generalmente si ritiene che questo sistema sia meno efficace, o almeno così difendono la propria scelta Nikon e Canon, in quanto il fulcro di stabilizzazione, si intuisce facilmente, è troppo arretrato rispetto a quanto avviene con lo stabilizzatore montato direttamente negli obiettivi. Inoltre essendo la stabilizzazione un problema ottico legato inevitabilmente al tipo di obiettivo, è evidente che il sistema Nikon e Canon ha il vantaggio di essere ottimizzato per ciascuna ottica specifica.

Infine molte fotocamere compatte vengono vendute con una sigla commerciale del tipo “stabilizzatore d’immagine” o simile. Questo è puro marketing, al limite dell’illegalità. Infatti queste fotocamere non sono affatto stabilizzate, semplicemente aumentano automaticamente la sensibilità ISO per modificare ovviamente i tempi di scatto, introducendo così un notevole rumore digitale, tanto più problematico quando si utilizzano fotocamere con sensori molto piccoli.

Comprare o non comprare un obiettivo stabilizzato?
La corretta impugnatura
A questo punto della lettura dovreste aver capito a che cosa serve lo stabilizzatore e in quali situazioni possa effettivamente aiutarci. La tendenza recente dei produttori a montare lo stabilizzatore anche sugli zoom normali (28-70 o 17-55 se con APS-c) può essere un vantaggio e uno svantaggio al contempo.

Si prenda ad esempio l’ottimo Tamron 17-50 2.8, che per qualità ottica (non per costruzione e autofocus), sembra addirittura alla pari del Canon EF 17-55 2.8, costando però solo un terzo di quest’ultimo. Tamron ha deciso di sostituirlo con una versione stabilizzata (OS), il che ha comportato (1) un notevole aumento del costo (dai 350 euro circa ai 550 euro circa) e (2) da quanto si evince dai test eseguiti (si veda ad es. http://www.photozone.de) una percepibile riduzione della qualità ottica.


Suggerimenti finali
Quale che sia la vostra scelta - oggi ormai siamo quasi obbligati ad avere a che fare con questi sistemi di stabilizzazione, dal momento che sono presenti anche sugli obiettivi di fascia bassa - il mio consiglio è sempre lo stesso: non vi affidate alla tecnologia ciecamente, ignorandone il funzionamento.

Nel dubbio disabilitatelo e magari imparate a impugnare correttamente la fotocamera e a gestire le impostazioni in situazioni dinamiche o di scarsa luce e/o utilizzare treppiede e monopiede quando possibile. Insomma usate la stabilizzazione solo quando serve. Controllate sempre se è attivo o no e quale modalità è in funzione.

Infine ricordate che lo stabilizzatore corregge il movimento della fotocamera, non del soggetto che fotografate. Ma questo è argomento per un altro tutorial.

©2011 Marco Palladino

Lo hai trovato interessante? Condividi con i tuoi contatti:
Aggiungi questo post al tuo Flipboard