martedì 16 giugno 2015
Fotografare ai concerti live, una fotografia fatta di tecnica e cuore – parte 2
Aggiungi questo post al tuo FlipboardPresentiamo ai lettori di Fotobiettivo una serie di articoli dedicati alla fotografia di concerti. Gabriele Bientinesi, responsabile per la comunicazione e la fotografia al Festival Musicastrada e fondatore della scuola Fotografando, accomunando la sua passione tanto per la musica che per la fotografia, ci apre al mondo della fotografia live con un taglio didatticamente rigoroso e al contempo coinvolgente…
…continua da : Fotografare ai concerti – parte 1
4 - Una finestra sul mondo.
Il sensore d’immagine, c’è poco da fare, è come una finestra: più grande è, più luce entra...
Ce ne rendiamo immediatamente conto quando guardiamo uno scatto fatto con una reflex o una mirrorless di ultima generazione rispetto alla stessa scena ripresa da una compatta o da uno smartphone. Finché c’è luce, quando c’è il sole, tant’è, spesso anche l’iphone fa miracoli, ma al buio...
Al buio è un’altra storia, c’è poco da fare. La differenza di dimensione del sensore si fa vedere, e tanto. La capacità di intrappolare la luce in ogni dettaglio diventa incredibilmente superiore e regala risultati eccezionali anche in condizioni davvero difficili.
Sulla differenza che c’è invece tra un sensore Full-Frame e un DX (o APS-C), magari vale la pena di spendere qualche parola.
Se dicessi che il sensore FF non è superiore sarei bugiardo. D’altronde se dicessi che il formato DX ha solo svantaggi sarei bugiardo allo stesso modo.
Ogni sistema ottico ha i suoi pro e i suoi contro. Al buio la differenza si vede, inutile negarlo, con il FF si lavora meglio, già a 1600 ISO la differenza è notevole. Il rumore è minore e più gestibile, i dettagli e la definizione sono superiori, la gamma dinamica più ampia. A sensibilità superiori lo scarto diventa ancora più netto.
Ma siamo sicuri di avere veramente sempre bisogno di sensibilità così elevate e di tanta definizione da poter stampare un’intera parete? Secondo me no.
Si possono ottenere risultati eccellenti e professionali anche con un sensore DX, a patto di essere consapevoli delle sue possibilità e dei suoi limiti. Senza contare naturalmente l’aspetto economico, che da solo basta e avanza come discriminante per tanti...
Il FF è superiore sotto tutti i punti di vista. È più preciso, più definito, e restituisce una gamma dinamica più ampia. Il DX è meno definito e più sporco, ma più economico e più gestibile, e spesso offre prestazioni più elevate in termini di velocità di scatto e di reazione. In termini di acutanza potremmo assimilare il formato DX alla vecchia pellicola 35mm, il FF al medio formato 6x4,5 o 6x6.
Il cosiddetto “fattore di moltiplicazione della focale” (1,5x su Nikon, Sony, Pentax e Fuji; 1,58x su Canon; 2x su Olympus e Panasonic) ha invece pro e contro allo stesso tempo. Allo stesso modo in cui ha bisogno di focali più corte per inquadrature grandangolari, così aiuta non poco a focali elevate, consentendo di risparmiare in termini di costo e di peso quando si necessita di lunghi teleobiettivi.
Per fotografare un concerto avremo sicuramente bisogno di utilizzare alte velocità ISO, e dettaglio e nitidezza non sono mai troppi... credo però di potervi garantire personalmente che otterrete risultati migliori con un sapiente uso di un sensore DX e una buona ottica, che con un Full Frame usato approssimativamente abbinato magari a un obiettivo non proprio eccezionale.
Giusto per parlare di prestazioni... a lezione, a un corso di livello avanzato, mi trovai in mezzo a un’accorata discussione sul se e sul quanto una fotocamera fosse migliore dell’altra. Misi sul lettino da still-life il mio orologio da polso e feci ritrarre ai due “contendenti” lo stesso soggetto, con la stessa inquadratura e con lo stesso obiettivo. Canon 5D Mark II contro Canon 7D, due signore di alta classe, una FF l’altra APS-C. 24-70/2,8L, 200 ISO, cavalletto e luce continua per entrambe.
Risultato: praticamente impossibile distinguere gli scatti...
Morale (sempre quella):
la macchina aiuta, sicuramente...
Qualcosa può fare l’ottica...
La foto la fa il fotografo.
5 - Ottiche, ottiche delle mie brame...
Chi sono le migliori del reame?... Facile... Non ci sono!
O meglio, l’ottica migliore, la più adatta, è quella che vi consente di fare nel miglior modo possibile ciò che vi eravate prefissati o che avevate immaginato. Quella con cui vi trovate meglio, magari quel peletto più leggera o più pesante a gusto vostro. In poche parole quella o quelle che vi piacciono di più. Non c’è un “canone professionale” preciso e prefissato che dovete rispettare altrimenti non va bene, non state facendo un beauty o una riproduzione fedele in still-life, tutto dipende da dove siete, da quanto lontani siete, da quanto tempo avete, da quanta luce c’è a disposizione e, soprattutto, da cosa volete fare.
Ah, una piccola parentesi, io sono abituato a ragionare in 35mm, per cui se lavorate in DX o APS-C considerate il fattore di moltiplicazione.
Dunque dicevamo... se siete accreditati come giornalisti o fotografi a un concerto relativamente grande avrete pochi minuti per scattare da sotto il palco, per cui il consiglio è semplice: un paio di macchine al collo con roba tipo 24-70 e 70-200 montati (ovvio se ne avete una sola tenete il secondo obiettivo a portata di cambio) e vedete quello che vi è possibile fare.
Se invece state lontani avrete bisogno di ottiche più lunghe, se siete ufficiali e potete magari salire anche sul palco vi serviranno magari anche grandangolari un pelo più spinti (tipo 20/24) per rendere la sensazione di “profondità” ed entrare nella scena. Se siete davanti al palco e volete essere precisi e accademici riconducetevi alla fotografia di figura: sopra i 70mm e giustezza nella profondità di campo. Se volete scatti ai volti o alle mani dei musicisti o magari particolari dello strumento o dell’esecuzione allora un tele medio alto (200/300 mm) sarà più utile.
Ovvio che più la vostra ottica è luminosa meno dovrete ricorrere ad alti ISO, sicuramente questa diventa una discriminante forte nella scelta di lavorare con un 2,8 invece che con un 5,6 o 6,3, senza contare che quasi sempre una maggiore apertura relativa è sinonimo di una più alta qualità ottica. Tenete sempre a mente che ogni ottica ha, fra virgolette, un tempo di otturazione minimo utilizzabile con tranquillità, indipendentemente da qual è la velocità di movimento del soggetto. Se state scattando a 200mm sarà dura scendere sotto 1/200sec., magari uno o due terzi di stop meno se siete stabilizzati. In ogni caso per usare tempi tipo 1/60, che di per se basterebbero a inchiodare magari il movimento del soggetto ma sono poco compatibili con l’angolo di oscillazione della focale, avrete bisogno di un cavalletto. Scattare dal treppiede vi permette tecniche di scatto creative, anche di movimento (avete presente Ernst Haas?) difficili da eseguire senza (e ricordatevi di spegnere lo stabilizzatore, io lo dimentico sempre!).
Se siete scolastici fino in fondo e usate ottiche fisse, io non rinuncerei a un buon grandangolo e almeno a un medio tele. Scelte che vi fanno camminare di più ma spesso aiutano a trovare la giusta inquadratura, proprio perché vi costringono a guardare bene il soggetto prima dello scatto, senza contare che garantiscono quasi sempre una qualità ottica e una luminosità superiori agli zoom.
In definitiva ogni obiettivo ha caratteristiche intrinseche, per progettazione e costruzione che lo rendono diverso da ogni altro. A parere mio la scelta migliore resta sempre la stessa: usate quello con cui vi trovate meglio...
6 - Al sole o a lume di candela?
Ma il flash? Serve davvero? Aiuta? O magari può anche peggiorare le cose?
«Pensiamo all’interno di una stanza, di un rifugio, di una tenda. Pensiamo al senso di intimità che solo la luce disponibile è in grado di suggerire. Pensiamo alla luce cruda e piatta del flash, agli occhi rossi, agli sguardi spiritati, agli oggetti della stanza impietosamente illuminati come se improvvisamente un gigante dispettoso avesse scoperchiato il tetto.
E chiediamoci: l’immagine che voglio comporre ha davvero bisogno di tutta quella luce?» [cit. Michele Vacchiano “Il sole portatile” 2001]
Non è specifico sugli argomenti trattati qua ma credo che renda molto bene l’idea...
C’è da dire che in casi come il nostro, nella fotografia di spettacolo, il lampeggiatore è anche estremamente fastidioso, sia per l’artista, sia per il pubblico (in teatro, per esempio potreste anche venir buttati fuori!). Il flash, paradossalmente, al buio serve a poco, le cose che servono davvero sono ottiche veloci e un cavalletto.
Soprattutto il flash della vostra macchina e soprattutto se non siete abbastanza vicini. Fate un conto rapido: un piccolo flash come quello incorporato avrà una potenza si e no di NG 12, forse 14, questo vuol dire che per coprire una distanza di 6 metri a 50mm vi serve un’apertura relativa di f/2; alzate l’ISO e migliorate le cose... ma vi rendete conto subito che se dovete lavorare comunque a 800 ISO tanto vale tenerlo spento. Senza lampeggiatore alzato evitate la brutta “flashata” sulle parti chiare del soggetto, rendete meglio l’atmosfera delle luci di palco ed evitate di dar fastidio a chicchessia.
Può darsi che vediate usare il flash a qualche fotografo ufficialissimo su un grande palco che si mette accanto all’artista per fare un primo piano o un dettaglio, magari usando un deflettore o un diffusore per creare luce negli occhi, diversamente è davvero poco utile. Per cui vi direi: usatelo il meno possibile, e soprattutto evitate di dar retta alla vostra fotocamera quando vi dice di alzarlo.
7 - Bianco, rosso e...
Il miracolo del bilanciamento..
Settare il bilanciamento del bianco per la luce di spettacolo può sembrare un’impresa tanto sono variabili, molto dipende dalla bravura del tecnico e dalla capacità dell’impianto luci di offrire un “tappeto” neutro o quasi su cui poter lavorare, sfruttando i fasci di luce più colorati come luci secondarie o accenti.
Spesso però lo spazio è poco, o il concerto non si presta a troppi cambi di luce, per cui ci possiamo trovare a fare i conti con una forte dominante magari rossa o blu o di chissà quale colore.
Da un punto di vista tecnico le luci di palco sono quasi sempre faretti (par o simili) a incandescenza o fluorescenza, con una temperatura intorno ai 3500-45000 °K, con montate davanti delle gelatine per colorare la luce. Da qualche anno si cominciano a vedere anche molti fari a LED RGB, fonti di luce colorata direttamente all’origine. In entrambi i casi, se doveste ricreare il colore reale dello strumento o del dettaglio l’unica soluzione sarebbe un approccio da studio, fare il bilanciamento del bianco prima di ogni foto o attaccare un check all’artista... Direi che rasentiamo il ridicolo.
Se il tecnico o la band hanno scelto come luce principale una tonalità rossa, o blu, probabilmente avevano i loro motivi. Magari è una scelta stilistica per evocare una determinata sensazione, o forse si adattava meglio all’ambiente circostante. Oppure, banalmente, piaceva così o non c’erano gelatine di altri colori. In ogni caso, se l’artista è illuminato di blu non vedo il motivo per far sparire quel colore e riportare il tutto ai reali pigmenti. Se volete raccontare forme e contrasti rinunciando all’atmosfera del colore scattate o sviluppate in bianco e nero.
Nel 99% dei casi la vostra fotocamera si comporterà in maniera egregia con il bilanciamento del bianco impostato su automatico, se si tratta di una macchina particolarmente vecchia (che so una Nikon D100 o giù di lì) e proprio non ne vuol sapere di restituirvi un’immagine credibile, provate a farla lavorare su sole pieno, tungsteno o fluorescenza, una delle tre restituirà una foto corretta.
Un altro approccio può essere ragionato sulla tinta, ovvero sul colore della gelatina che è stata messa davanti alla fonte di illuminazione. Se la fotocamera vede una dominante preponderante sulle altre lunghezze d’onda può tendere a tagliarla per compensare e restituirci una foto priva di vividezza, “moscia” per intenderci. Per ovviare a questo potete agire sul bilanciamento colore della fotocamera o sullo “shift” del bilanciamento del bianco (dipende dai software dei costruttori). Se c’è troppo rosso e la macchina lo taglia, ditele che c’è sul serio e non sta vedendo male. Basta spostare il cursore nella direzione di quel colore in modo da esaltarlo e renderlo più vivo.
Detto tutto questo, potete sempre scattare in RAW, in modo da poter fare tutte le regolazioni e gli esperimenti del caso con calma in fase di sviluppo su ogni singolo scatto.
CONTINUA…
© www.fotobiettivo.it / gabriele bientinesi
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